Zona Rossa Vesuvio: cadono i vincoli sulla costruzione di nuovi edifici

Le affollate pendici del Vesuvio viste da Napoli
Sarà possibile tornare a costruire sul suolo vesuviano in piena zona rossa in barba ad ogni più elementare criterio di sicurezza in termini di prevenzione disastri?  E' questa la domanda che sorge spontanea alla lettura dell'interpretazione di un comma del nuovo piano casa approvato dalla Regione Campania proposta dal "Fatto Quotidiano", dopo che già diversi siti e blog si erano interessati della faccenda nei giorni scorsi.

Se infatti la logica dovrebbe far sì che vengano effettuate proposte per ridurre il numero di residenti nella vasta area intorno al Vesuvio indicata come "zona rossa", a ben leggere il piano casa, soffermandosi sopratutto su un comma di un articolo emendato su proposta di Paola Raia, consigliere regionale del PDL di provenienza vesuviana (Somma Vesuviana),  è data di fatto la possibilità in casi particolari di abbattere manufatti esistenti e di ricostruirne di nuovi a patto che la destinazione di utilizzo ai fini abitativi sia pari al massimo al 50% del volume.   E' infatti scritto che “gli interventi di ristrutturazione edilizia, anche mediante demolizione e ricostruzione in altro sito, in coerenza con le previsioni urbanistiche vigenti, a condizione che almeno il cinquanta per cento della volumetria originaria dell’immobile sia destinata ad uso diverso dalla residenza”.    Ne consegue che, ad esempio, una palazzina  fatiscente da ricostruire inizialmente occupata da tutti uffici potrebbe ospitare per al massimo il 50% del volume abitazioni, con un incremento del numero di residenti in zona rossa.

La speranza, a maggior ragione leggendo le parole dell'assessore Edoardo Cosenza ("Lo spirito dell’emendamento presentato dalla maggioranza era di ridurre dal 100% di uso abitativo al 50% di uso abitativo"), è che si sia trattato di una banale svista e che la volonta politica sia tuttora quella di far sì che finiscano le speculazioni edilizie alle pendici del Vesuvio, in modo tale da ridurre le dimensioni della tragedia in termini di morti e danni allorquando il vulcano deciderà di risvegliarsi, riappropriandosi delle ampie zone di terra che dal secondo dopoguerra in poi  gli abitanti dei paesi vesuviani, in barba ad ogni elementare principio di sicurezza, hanno sottratto al gigante addormentato.

Per quanto riguarda la "zona rossa" il paradosso è che questa è stata individuata tenendo conto, oltre che dei previsti flussi preferenziali del magma valutati in base alla storia stessa delle eruzioni moderne e contemporanee,  dei confini comunali e non dell'effettiva distanza chilometrica dalla sommità del vulcano.  E' pertanto considerata zona gialla una striscia di terra nel comune di Napoli all'interno della quale è stato realizzato un gigantesco ospedale (l'Ospedale del mare) ed è in progetto la costruzione di un termovalorizzatore cui si aggiunge la già esistente centrale termoelettrica di Vigliena. Appare evidente che la realizzazione di un ospedale, ancorchè dotato di innovativi smorzatori antisismici,  sarebbe dovuta avvenire non a poche centinaia di metri dal confine della zona rossa, a poco più di sette chilometri dalla bocca del vulcano, ma in un'area ritenuta più sicura.   La sensazione è che, come sempre, si voglia sfidare il vulcano nella convinzione smentita dai più autorevoli scienziati e geologi che il Vesuvio debba restare in stato di quiescenza per chissà quanto tempo.

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