La fontana della Sellaria (XVII secolo) e l'antica piazza della Sellaria


La fontana della Sellaria è una delle fontane monumentali di Napoli, collocata in piazza Grande Archivio dal 1903, da quando fu spostata dalla sede originaria, nell'ampia piazza della Sellaria, scomparsa dalla toponomastica napoletana nell'ambito del Risanamento.  Tale piazza, rettangolare, si trovava grossomodo dove attualmente è piazza Nicola Amore, i Quattro Palazzi.  La fontana, anche se probabilmente non artisticamente rilevante come tante altre fontane monumentali cittadine, ha una sua rilevanza storica, in quanto fu costruita fra il 1649 ed il 1652 in seguito all'abbattimento delle case di un capo carceriere della Vicaria eletto dal popolo durante la breve repubblica napoletana (quella nata dalle sommosse guidate da Masaniello).  A volerla fu proprio il vicerè Iñigo Vélez de Guevara, cui era stato dato il compito della restaurazione del potere spagnolo.


Ora un esperimento... dimenticarsi per un attimo dell'assetto urbanistico post - Risanamento e girare per la Napoli del XVII secolo insieme al Celano, dal quarto libro del "Notitie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli per i signori forastieri date dal canonico Carlo Celano napoletano, divise in dieci giornate" . I nomi delle strade spesso sono gli stessi (fu Croce ad impegnarsi perché fossero conservati i nomi delle strade dedicate ad arti e mestieri). Buona lettura

S’entra nella bella piazza detta della Sellaria, che prima chiamavasi la Rua Toscana, perchév’habitavano i mercadanti di questa nation; poscia questo nome, perché qui habitavano uniti tutti i fabri che facevano selle et altri finimenti necessarii alli cavalli. Nell’entrare in questa strada vedesi una piazzetta avvanti d’un molino che viene animato dall’acque de’ nostri formali. In questa piazzetta vi era la casa d’un ricco aromatario dett
o Giovan Leonardo Pisano, che nell’anno 1585 instigò la plebe a sollevarsi et a fare una fierissima strage di Giovan Vincenzo Starace, eletto del popolo, e perché la giustizia non lo poté haver nelle mani per essere fuggito e salvatosi, si buttò giù la casa e vi seminò sale all’uso de’ goti. A sinistra vedesi il vico detto de’ Ferrivecchi, perché anticamente simile robba vi si vendeva; hora quest’arte de’ ferrivecchi è stata trasportata nel mezzo del Mercato. Ne’ tempi più antichi nominata veniva la Torre delle Ferule, perché vi st
ava la torre della muraglia, che da questa parte calava, ch’haveva d’intorno queste sorti d’herbe. Vedesi nel principio una fontana perenne fatta circa l’anno 1649 per ordine di don Ignico Velez de Guevara,conte d’Ognat, viceré di Napoli, doppo che sedati furono le sollevationi populari. Questo stesso signore fece aprire una nuova strada che al lato sinistro di detta fontana, nel luogo anticamente detto delle Palme, come fin hora una
picciola ed antica chiesa che vi sta, detta viene Santa Maria delle Palme, e qui anticamente vi era una porta della città per la sua picciolezza detta la Portella; et è da notarsi che quando si fece la fontana sudetta, nel cavarsi per far le fundamenta, vi si trovò parte dell’antica muraglia, fatta di bellissimi quadroni di pietra. Dove detta strada si è aperta vi era un luogo chiuso, nel quale s’entrava dalla parte de’ Ferrivecchi, e chiamavasi la Zecca. Era questo come un fondico dove si lavoravano panni, habitatissimo, in modo che sempre vi si sentivano rumori, e  nel tempo delle sollevationi antedette n’uscì più d’un fiero capopopulo, per lo che la vigilanza del Conte d’Ognatte, per toglier via questo ridotto, vi fece aprire la presente strada. A destra, poco lungi dalla fontana, vedesi la strada detta degl’Armieri, essendo che ne’ tempi andati altro non vi si lavorava che armi per l’uso della guerra, hora non vi sono altro che ricchi fondachi di drappi lavorati di seta d’ogni sorte, e per questo luogo tirava la muraglia fatta in tempo dell’imperadori greci, e dirimpetto alla chiesa dedicata all’Arcangelo Michele vi era una porta detta de’ Monaci, perché nella detta chiesa di Sant’Arcangelo vi era un monasterio di monaci benedettini; e vicino all’accennata porta vi stava il Seggio degl’Acciapacci, come di sopra si disse, et è dasapersi che tutti quasi gli antichi seggi stavano vicino le porte della città.  Hor tirando avvanti per la Sellaria, vedesi nel mezzo di questa strada una piazzetta nella quale anticamente stava il Seggio o Regimento del Populo, che fu diroccato per ordine d’Alfonso Primo d’Aragona, alcuni scrivono per disgusto havuto con i populari, altri per dar gusto alla sua Lucretia d’Alagni, mentre questo edificio impediva l’aspetto alla casa di detta Lucretia, in questa Strada della Sellaria, che stava appresso dove hoggi si dicono le case pente, o dipinti con la voce propria. Hora in questa piazzetta vi si vede situata una vaghissima fontana di bianchi marmi, quale
nell’anno 1532 fu principiata per ordine di don Pietro di Toledo, e fu terminata nell’anno 1537. Ildisegno fu di Luigi Impò, e la statua dell’Atlante che sta su la tassa delli delfini con li mascheronifurono lavorati dal nostro Giovanni da Nola. In questa medesima piazza si [86] veggono il tribunale e carceri dell’Arte della Seta per privilegio, come si disse dell’Arte della Lana.



Palazzo Doria d'Angri allo Spirito Santo, Napoli


Palazzo Doria d'Angri è probabilmente uno dei più noti della città. Il motivo è semplice e noto: il 7 settembre 1860 Giuseppe Garibaldi si affacciò dal balcone di questo palazzo per annunciare l'annessione del regno delle Due Sicilie al regno d'Italia.  Il palazzo fu realizzato, come ricorda wikipedia, nel XVIII secolo a partire dalla demolizione delle costruzioni preesistenti ed al cui progetto lavorarono nomi del calibro di Luigi Vanvitelli, Ferdinando Fuga e Carlo Vanvitelli.  All'interno vi è un bel cortile esagonale.  La facciata fu fortemente danneggiata durante la seconda guerra mondiale e le statue ed il grande stemma distrutti non furono mai ripristinati (si può fare il confronto con il celebre dipinto riguardante l'arrivo di Garibaldi a Napoli, conservato al museo civico di Castel Nuovo). Gli interni, invece, come visibile dalle immagini pubblicate sul Corriere del Mezzogiorno in occasione dell'annuncio della vendita del piano nobile del palazzo, hanno conservato la magnificenza di un tempo.




Palazzo Trabucco, uno dei più belli del Settecento napoletano


Palazzo Trabucco è uno dei più celebri palazzi settecenteschi napoletani ed è situato all'inizio di via San Liborio, dal lato di piazza Carità, proprio accanto a palazzo Mastelloni.   L'aspetto attuale dei due palazzi è dovuto a Nicola Tagliacozzi Canale, poliedrico artista che fu sia architetto che incisore e che fu attivo a Napoli per alcuni decenni nel XVIII secolo.  Il palazzo fu restaurato a partire da quel che restava dell'ediliza preesistente, gravemente danneggiata durante il terremoto del 1732. Splendida è la scalinata, aperta, su tre livelli di archi e ricca di stucchi e decorazioni.  Il portale d'ingresso in piperno è di Antonio Saggese.


Le rampe san Marcellino ed il fondaco San Severino


 Le rampe San Marcellino, quartiere Pendino, collegano la zona di piazzetta Portanova al centro antico, ricollegandosi ad altre salite (vicoletto San Severino) e raggiungendo il centro antico di Napoli, proprio in corrispondenza dell'antica chiesa dei Santi Severino e Sossio e di San Marcellino e Festo.  Scendendo per vicoletto San Severino è poi possibile soffermarsi a guardare uno degli ultimi fondaci di Napoli, fra quelli rimasti dopo il risanamento del XIX secolo. 


 Il fondaco San Severino, lungo le rampe san Marcellino, è uno degli ultimi fondaci napoletani.  Un fondaco era un luogo tipico delle città di mare, all'interno del quale spesso alloggiavano i mercanti e sovente venivano immagazzinate le mercanzie: una sorte di micro città nella città, dato che attraversando il portale d'ingresso si entrava non in un cortile ma in una vera e propria piazzetta su cui affacciavano una o più abitazioni, fra loro incastrate nei modi più disparati. Nel corso dei secoli, come spesso accade, questi luoghi persero la loro funzione originaria e, sempre più modificati ed ingolfati di abitazioni, divennero luoghi degradati, sporchi, all'interno dei quali potevano anche scoppiare violente epidemie.  Matilde Serao nel suo Ventre di Napoli li portava come esempio di sudiciume e dei luoghi da sventrare.

Vietato ai venditori di commestibili ingombrare il passaggio di Port'Alba nel 1796 l'epigrafe di Port'Alba


A Napoli fra il XVII ed il XIX secolo si era soliti affiggere sui muri dei palazzi lapidi ed iscrizioni a testimonianza della promulgazione di banni od editti, che dovevano in tal modo essere resi noti all'intera popolazione. Fra questi uno dei meglio conservati e più noti è quello che si trova a Port'Alba. Affisso nel gennaio del 1796, a cura del tribunale della fortificazione, mattonata ed acqua, il bando riguardava il passaggio di cittadini e carrozze sotto la porta.   In particolare era fatto divieto ai venditori di commestibili di ingombrare il passaggio.  Considerato che ancora oggi sotto quella lapide vi sono i tavoli dell'antica pizzeria Port'Alba e che nel XVIII secolo le pizze erano vendute direttamente in strada da ambulanti, si potrebbe immaginare che fra gli ambulanti ai quali si chiedeva di liberare la  strada vi erano anche quelli della storica pizzeria, la più antica di Napoli. Da notare poi che port'Alba nel documento ufficiale era definita "porta suscella", perché il bando era destinato al popolo e questo era il nome popolare della porta, "suscella" o "Sciuscella" ovvero carruba, dal  numero di frutti dei tanti carrubi che crescevano nei vicini orti. 

Ecco il testo completo della lapide posta a Port'Alba

Bando da parte degli ecc.mi signori deputati del tribunale della Fortificazione, mattonata ed acqua di questa fedelissima città convenendo al comodo e buon servizio publico che l'atrio di porta suscella sia sgombro e sbarazzato affatto di tale che sia sempre libero il passaggio de cittadini, delle carrozze, e delle altre vetture, perciò avendo avuta notizia, ch'esso atrio continuam venga ingombrato da venditori de' commestibili, quindi ciè paruto di fare il presente bando col quale ordiniamo a tutt e qualsivog persone che non ardiscano da oggi in avanti tenere nel suddetto atrio posti, sporte ed altri simili imbarazzi, sotto pena di duc.ti 24 da esigersi irremisibilm. da controventori ed acciò l'ordine venga a notizia di tutti, né possa allegarsi causa di ignoranza, vogliamo che il presente nostro bando si publichi in d.o luogo, e poi si affigga in S. Lorenzo, Li 19 gennaro 1796.
Li deputati del tribunale della fortificaz mattonata ed acqua di questa fedelis. città
Il duca di Bagnoli
Vincenzo Spinelli
Giuseppe Serra
Gio Lonardo Mascia
Girolamo Vassallo Seg.

La tomba di Partenope: quella scritta a San Giovanni Maggiore su cui si discute da secoli


"Partenopem tege fauste": queste parole poste su una lapide millenaria all'interno della basilica di San Giovanni Maggiore hanno da sempre attirato  letterati e studiosi alla ricerca della mitica tomba di Partenope.  Può sembrar strano che si sia dibattuto per secoli sul luogo di sepoltura di un essere mitologico, ma a Napoli realtà e leggenda da sempre si fondono insieme in tutt'uno.  Ecco che del luogo mitologico dove fu sepolta la sirena (che la leggenda "più accreditata" vuole morta sull'isolotto di Megaride) non discussero solo nell'antichità (ad esempio Stazio) ma anche in epoca moderna.  Fra quanti propendevano per la sepoltura della sirena in altura, su un monte, ci fu chi pensò a Caponapoli (a Sant'Aniello a Caponapoli), chi a San Giovanni Maggiore, chi addirittura al Vesuvio. Quel che è certo è che ne parlarono Sannazaro e Pontano, che il Celano molto si dilungò sull'argomento nel quarto libro del proprio "Notitie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli per i signori forastieri date dal canonico Carlo Celano napoletano,divise in dieci giornate", che ancora nel XIX secolo Bartolommeo Capasso nel suo Sull' antico sito di Napoli e Palepoli dubbii e conghietture ne discuteva ampiamente.

Tornando all'antica lapide, che originariamente doveva essere decorata con una croce dorata, che già all'epoca del Celano (XVII secolo) era andata persa, l'ipotesi più accreditata è ripresa dallo stesso
Diciamo dunque, colla più probabile opinione, che questo fusse stato il segno della consecratione della chiesa fatta dal santo pontefice Silvestro, come si ha per antichissima traditione, e che il nome di Partenope era della città nostra,che si raccomandava alla protezzione di sanGiovanni.

Chi ha un po' di tempo e voglia, rilegga le pagine del Celano dedicate a San Giovanni Maggiore. 
Di sicuro, l'interesse anche relativamente recente per questa lapide fu tale da costringere la chiesa ad aggiungere una seconda lapide nel 1689, sotto la prima, per spiegare il significato del testo:




Napoli: itinerario alla riscoperta della parte bassa del centro antico e di un pezzo della Napoli medievale-rinascimentale

Itinerario alla riscoperta di un pezzo della Napoli medievale-rinascimentale individuato insieme agli amici di Conosciamo Napoli e la Campania.  (pubblicato già in occasione della passeggiata prevista per oggi 18 ottobre sul blog diarionapoletano.wordpress.com )

La partenza: dalla spiaggia dell'antico porto (piazza Borsa) su per le scalette in centro città
cerriglio gradini di piazzetta
Sin dall'antichità Napoli aveva due porti, uno grande, situato in zona piazza Municipio (testimonianza dell'esatta collocazione di epoca greco-romana il ritrovamento delle navi durante gli scavi per realizzare la stazione metro di piazza Municipio) ed uno più piccolino, una sorta di porto di pescatori, noto come "mar ad Arcina", quello che poi nei secoli sarebbe stato definito un "mandracchio", termine utilizzato in diverse aree portuali del Mediterraneo, ma che avrebbe poi avuto nel corso dei secoli un'accezione negativa, come di luogo malfamato.  Ancora fino agli anni '30 del XX secolo esisteva quest' area portuale.   Tornando indietro nei secoli, va sottolineato che il livello del mare era un bel po' più in basso, come testimonia l'antichissima chiesa di Sant'Aspreno al Porto, il cui ipogeo, che era una vera e propria cappella sulla spiaggia, è ancora oggi intatto così come appariva ai fedeli dell' VIII-IX secolo (anche se realizzato in epoca paleocristiana su antiche costruzioni romane). Dal porto diverse stradine e scalette dovevano partire per raggiungere i palazzi a ridosso delle mura e la città vera e propria.  Una di queste, gradini di piazzetta, parte dalla zona del Cerriglio, sotto le mura dell'insula di Santa Maria la Nova, luogo che sarebbe diventato famoso nel XVII secolo come punto d'incontro di artisti e marinai (qui fu accoltellato Caravaggio).  Scommetterei che il 90% dei napoletani non ha mai percorso questi gradini, che sembrano inerpicarsi verso l'alto ma poi ritornano giù verso quello che oggi è sedile di Porto. Da qui salgono verso l'alto i gradini di pendino Santa Barbara, una scalinata che è là da almeno 700-800 anni e che è stata protagonista  (non positiva... ci vivevano le "nane") del romanzo la Pelle di Curzio Malaparte nel secondo dopoguerra.
 
I banchi nuovi, palazzo Penne ed il ricordo di zi'Nennella
banchi nuovi di notte
Attraversato l'ultimo arco, superato l'ultimo gradino di pendino Santa Barbara ci si ritrova catapultati nella Napoli antica. I nomi delle strade diventano plurisecolari e richiamano alla memoria fatti storici che si perdono nei secoli fino a diventare quasi leggenda. Da una parte si dirama, subito dopo largo Ecce Homo, via Donnalbina (come dimenticare i racconti delle vicende di Donn'albina Donna romita e Donna regina), dall'altra ci si ritrova fra i banchi nuovi. Ma il primo oggetto che si nota a largo Monticelli è quello che sembra uno sgangherato copri-cassonetto. In realtà celato là sotto c'è un monumento nazionale, "l'antica banca all'acqua solfurea", come recitava la scritta sul marmo bianco, dell'acquafrescaia "Zi Nennella".   Nella piazzetta è magnifico il portale di Palazzo Penne, da un paio d'anni restaurato (contrariamente al resto del palazzo). Si tratta di un palazzo ricco di storia (e di leggende), esempio superbo di architettura civile della Napoli del XV secolo. Di fronte è palazzo Palmarice (wiki) ed accanto la chiesa di San Demetrio e Bonifacio. Un'epigrafe posta sul palazzo descrive scene di vita del 1773 (qui il testo del Il banno dei Banchi Nuovi per sapere cosa vietava di fare). Questo banno fu proclamato ad alta voce e dopo il suono di tromba da parte dell' "ordinario trombetta"il 24 luglio 1773 e quindi affisso sul muro del palazzo. Proseguendo per i banchi nuovi si passa accanto il palazzo dei duchi di Casamassima, costruito nel 1569 e si giunge al largo Banchi Nuovi, con la chiesa dei santi Cosma e Damiano, costruita laddove era l'antica loggia dei Banchi Nuovi, attualmente in stato di grande degrado.
Da San Giovanni Maggiore al Nilo
corpo di napoli statua del nilo restaurato 
Lasciandosi sulla sinistra via Santa Chiara, si arriva a via Candelora e quindi a largo San Giovanni Maggiore.  Oltre a palazzo Giusso, sede storica dell'Orientale, ci si trova dinanzi la splendida cappella dei Pappacoda e soprattutto l'ingresso laterale della basilica di San Giovanni Maggiore.  Si tratta di uno dei monumenti più interessanti di Napoli, ogni parola in più è superflua.  Risalendo san Giovanni Maggiore Pignatelli, sulla destra vi è una seconda epigrafe. Risale al 1651 ed è un divieto di edificazione su quei suoli. Costeggiando il pallonetto di Santa Chiara, continuando per stradine e vicoli, si riesce a by-passare  Spaccanapoli, il decumano inferiore (al link il percorso da Piazza del Gesù a San Domenico Maggiore) e ci si ritrova direttamente su via Mezzocannone e poco dopo in piazzetta Nilo. Il Nilo, il Corpo di Napoli, è forse uno dei simboli più famosi della città.  Nel largo è anche la chiesa di Sant'Angelo al Nilo, al cui interno vi è il sepolcro del cardinale Brancaccio (wiki), uno dei monumenti più importanti di Napoli, realizzato da Donatello e Michelozzo fra il 1426 e 1428.
Dal corpo di Napoli alla sirena Partenope
fontana spina corona restaurata
Il percorso prosegue per via Paladino. L'antica strada è piena di tracce di epoche storiche differenti: si può scorgere un'antica colonna romana ma anche la targa arrugginita della facoltà di Ingegneria, che qui aveva sede negli anni '30 del XX secolo (un po' di storia per chi vuole leggere). Di lato è la chiesa di Donnaromita, con la bella cupola maiolicata e poco più in là l'epigrafe su cui  è riportato il banno del 1600 che vietava di giocare in strada, pena il carcere.  La strada continua, costeggiando l'università e raggiungendo il Gesù Vecchio (XVI secolo - wiki).  Riprendendo il percorso indicato un bel po' di parole più su, ci si avvia verso San Marcellino e Festo, con il bel chiostro che ospita sia sedi universitarie che il museo di paleontologia.  Di fronte è la chiesa dei santi Severino e Sossio, una delle chiese più belle e dense di storia di Napoli. Scendendo per le rampe di San Marcellino, si arriva nella zona di piazzetta Portanova. Degno di nota è il portale di palazzo Bonifacio , della stessa epoca di palazzo Penne.  Chiude il percorso la splendida fontana di Spina Corona, meglio nota come la "fontana delle zizze". Vale la pena approfondire un po' la descrizione di questa storica fontana, di cui c'è traccia storica sin dal XV secolo, ricca di simbologia e dal significato e storia parzialmente oscuri: la sirena Partenope (nella versione "originale", greca, metà donna e metà uccello) spegne le fiamme del Vesuvio con l'acqua che sgorga dai propri seni.

Due note a margine:
Banni ed epigrafi sui muri dei palazzi di Napoli
Durante il percorso vi sono diverse lapidi del 1700 su cui sono riportati banni ed editti destinati alla popolazione. La lettura di queste preziose tracce del passato di Napoli permette di immaginare scene di vita quotidiana nella Napoli a cavallo fra il XVIII e l'inizio del XIX secolo.   - Il banno dei Banchi Nuovi L'epigrafe del Cerriglio ed altre
La vera street art
murales zilda napoli santa maria dell aiuto 
Durante il percorso sarà possibile ammirare alcuni murales e diverse opere di street art (quella vera, non i graffiti vandalici). In particolare sarà possibile ammirare l'opera di Zilda che è in via Santa Maria dell'Aiuto.

Quartieri spagnoli, via portacarrese a Montecalvario


Via Portacarrese a Montecalvario è una strada che si inerpica, fra scalinate e salite, da via Toledo fino a Corso Vittorio Emanuele.  Guardando Napoli da là, in mezzo ai Quartieri Spagnoli, si nota quanto l'oleografia e certi luoghi comuni fotografici siano ancora forti, inevitabili: i bassi, i panni stesi, qualche motorino parcheggiato a casaccio,  i muri diroccati... difficile negare che almeno in parte non sia così...  nei prossimi giorni mostrerò magari su diarionapoletano.wordpress.com anche un altro aspetto "fotograficamente rilevante" dei quartieri spagnoli, più recente ed ugualmente interessante.

Napoli: La fontana del formiello (da poco restaurata)



Fra le più antiche fontane partenopee giunte in buone condizioni fino ai giorni nostri, la fontana del formiello è stata restituita alla città alcuni mesi fa grazie ad una raccolta fondi promossa dall'associazione le due sirene, in memoria della giovane Ilaria Iodice. La lapide ricorda l'anno di fondazione della fontana, il 1583.  Sia per la forma che per il fatto che fosse nota come Fontana reale con abeveratoio, la fontana del formiello (da ad formis, "verso i condotti" dell'acquedotto) probabilmente aveva come scopo anche quello di abbeverare gli animali (cavalli, bestiame) grazie all'acqua che sgorga ancora oggi dalle tre teste leonine nella grande vasca. La lapide richiama alla memoria il mitico fiume Sebeto.  Come tante altre fontane di Napoli, anche questa fontana ha subito spostamenti: dopo essere stata smontata e messa da parte, la fontana del formiello dal 1930 ha trovato la sua attuale collocazione, con un recinto protettivo, a ridosso di una delle pareti di Castel Capuano, proprio di fronte alla chiesa di Santa Cateria a Formiello.



L'edicola di San Gennaro restaurata


E' stata restituita alla città ieri, in occasione della festività del santo patrono di Napoli,  l'edicola di San Gennaro a Santa Caterina a Formiello, a due passi da porta Capuana.  L'edicola di San Gennaro fu progettata dal grande Ferdinando Sanfelice e fu realizzata a inizio 1700 da Domenico Antonio Vaccaro, che continuò l'opera iniziata dal padre Lorenzo Vaccaro prima della morte.  L'edicola, che era in condizioni di degrado, con diverse scritte vandaliche, è stata restaurata grazie ad una raccolta fondi promossa dall'associazione Le Due Sirene, in memoria della prematura scomparsa della giovane Ilaria Iodice, che è stata direttrice di Lanificio25 e blogger partenopea
Il post verrà ripreso in parte anche sul blog diario napoletano.



Vicoli di Napoli: vico dei Maiorani


Il decumano maggiore è luogo di enormi contrasti, ben riassunto dall'opera di Banksy che ancora oggi, dopo diversi anni, è visibile a piazza Girolamini. I vicoli che si diramano da via Tribunali sono pieni di fascino ma al contempo incutono quasi timore, antichi cardini del tessuto urbanistico della Neapolis greco-romana che collegano i tre decumani (Spaccanapoli - Tribunali - Anticaglia per meglio intenderci).  Fra questi vico dei Maiorani si apre proprio in prossimità di piazza dei Girolamini, scendendo ripido verso via San Biagio dei Librai.
 

Banksy a Napoli: la madonna con la pistola (e quel che c'è intorno)



La madonna con la pistola è l'unica opera di Banksy attualmente presente in Italia, l'unica rimasta a Napoli, dopo che cinque anni fa uno pseudo-artista ignorante coprì con un suo graffito la Santa Teresa di Banksy in via Benedetto Croce (altezza ingresso Santa Chiara).  Al di là della bellezza dell'opera del celebre artista (la cui identità è ignota ai più) colpisce quanto sia integrata nel contesto dei Girolamini (o Gerolomini che scriver si voglia) lungo il decumano maggiore, sia perché la settecentesca figura della Madonna con una pistola al posto dell'aureola riassume in modo crudo i fortissimi contrasti della zona di Napoli in cui è stata installata, sia perché basta guardare le foto presenti in rete per notare come l'opera di Banksy sia sempre circondata da altro, che sia un quadro sacro o un "panariello", oggetti in vendita nella vicina bottega o depositati per terra come la batteria riportata in foto, poggiata proprio sotto i piedi della Madonna. 

Crapolla di notte, uno dei luoghi più strani ed attraenti della terra delle Sirene



"Uno dei luoghi più strani ed attraenti della terra delle Sirene", così Norman Douglas definì il fiordo di Crapolla nel suo Sirenland.  Lontano dalle luci delle altre insenature della penisola sorrentina e della costiera amalfitana, Crapolla mantiene intatto il suo fascino di luogo selvaggio ed al contempo fortemente legato alla presenza dell'uomo.  La stessa spiaggia deve la sua attuale configurazione all'opera dell'ingegno degli antichi romani, che incanalarono le acque del torrente che scendeva giù con una ripida cascata da Torca in una condotta che serviva diverse cisterne prima di giungere al mare.  L'opera idraulica romana è ancora ben visibile e probabilmente serviva a raccogliere acqua potabile a servizio delle ville romane site sugli isolotti de L'Isca e de Li Galli.  Poco più su doveva sorgere un antico tempio (secondo alcuni dedicato ad Apollo) sulle cui fondamenta i benedettini costruirono un'abbazia, della cui imponenza restano solo alcuni resti di opere murarie e qualche basamento e colonna.  Ancora oggi su quel luogo sorge una piccola cappella dedicata a San Pietro, dato che leggenda vuole che nel suo viaggio verso Roma egli sbarcò a Crapolla per poi dirigersi verso Napoli (intorno all'altare su cui si soffermò a pregare fu eretta San Pietro ad Aram).
Raggiungendo da mare il fiordo (accesso con barca in genere vietato) o attraverso il sentiero che da Torca porta giù con oltre 600 gradini, ancora oggi Crapolla appare come spiaggia di pescatori di inizio XX secolo, con i caratteristici antichi ricoveri dei pescatori (munazzeri, monazzeri o monazeni ... sarebbe interessante conoscere il nome esatto di tali depositi di reti/ricoveri) e qualche barca tirata in secca.   Del resto passeggiando per Torca a prima mattina non è raro incontrare un vecchio pescatore intento ad aggiustare la propria rete ed è facile immaginare l'epoca in cui i pescatori di Torca scendevano con le reti per l'impervio sentiero in attesa di uscire di notte con le loro lampare.

Questa è Crapolla e va dato merito ai ragazzi di Associazione Giovanile 361 gradi (con il patrocinio di comune di Massa Lubrense ed area marina protetta di punta Campanella) di aver organizzato un evento notturno a Crapolla adatto a persone di ogni età, pur con qualche difficoltà legata alla particolarità del luogo.  Le fotografie fanno infatti riferimento alla serata da loro organizzata fra lettura di testi dedicati a Crapolla, caponate e tanta musica.












In chiusura una piccola nota: risalendo verso la cappella, in una notte di luna poco più che nuova, era visibile ad occhio nudo la via lattea.  La foto seguente è un primo, goffo, tentativo di scattare una fotografia notturna con via Lattea (la striscia è un aereo).



Trekking verso Punta Campanella: il giro di Santa Croce come percorso alternativo per la chiusura del sentiero fino al 2016 (proposto da giovis.com)


Punta Campanella sarà irraggiungibile per lavori fino ad inizio 2016. Gli amanti del trekking in penisola sorrentina potranno però lo stesso godere - almeno parzialmente - dello spettacolare panorama e degli odori tipici dell'estremo lembo della penisola sorrentina grazie al percorso alternativo proposto da Giovanni Visetti (giovis.com).  Il giro di Santa Croce proposto da Visetti prevede Termini - Cercito - Le Selve - Vuallariello - Campo Vetavole - cappella di San Costanzo - Termini, poco meno di 4 km con un dislivello totale intorno ai 250 metri.  Il percorso alterna tratti in ombra, all'interno della selva ad altri al sole.  Seguono le fotografie scattate a prima mattina durante la passeggiata organizzata dalla pro loco Due Golfi, da Giovanni Visetti e dal comune di Massa Lubrense il 13 agosto. Unica differenza rispetto al percorso previsto dalla mappa,  la salita su santa Croce "sotto le reti" della stazione radiofaro ENAV di Santa Croce attraverso il vecchio percorso CAI 300 per motivi di sicurezza a causa dell'incendio in corso su monte San Costanzo che aveva reso impossibile e pericolo percorrere il sentiero CAI 300 attuale. 


Il percorso di trekking alternativo proposto da Giovanni Visetti giovis.com







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