La triste fine degli alberi di Napoli e le polemiche legate ai due casi di cronaca di questi giorni

Il secolare cedro del libano tagliato davanti all'università Orientale - foto di Pino de Stasio
 Il triste ed assurdo episodio avvenuto in via Aniello Falcone, che è costato la vita ad una madre di famiglia, non deve portare ad una "caccia alle streghe" contro gli alberi partenopei, bensì deve spingere verso una più attenta, accurata e valida verifica del patrimonio verde della città di Napoli. 
Nell'arco di due giorni due grandi alberi sono finiti al centro dell'attenzione: il pino di via Aniello Falcone, sano per i dipendenti comunali e pericolante per gli abitanti del quartiere, che come un fuscello, in assenza di maltempo od eventi esterni, è crollato sulla strada, distruggendo una vita umana; il secolare cedro del libano simbolo di piazza San Giovanni Maggiore e dell'università L'Orientale, malato per i dipendenti del comune ma sano per residenti e commercianti della zona, nonchè per la municipalità, che è stato brutalmente tagliato. In entrambi i casi sono state fortissime le proteste di chi davanti a quegli alberi passava ogni giorno e che aveva segnalato lo stato di salute a chi sarebbe dovuto intervenire. In entrambi i casi solo la lettura dei pareri di agronomi o esperti del comune potrà aiutare a comprendere e - nel primo caso - valutare se vi siano gli estremi perchè la lista degli indagati per omicido colposo possa crescere.
Di sicuro la gestione del verde pubblico in città vive uno dei momenti peggiori della storia del comune di Napoli, con l'amministrazione comunale costretta a cedere a privati la manutenzione degli alberi della villa comunale o a sperare nella buona volontà di commercianti o cittadini che vogliano sponsorizzare ed adottare questa o quell'aiuola.  Inoltre è sotto gli occhi di tutti il fatto che le potature avvengano di rado e talvolta fuori stagione e che troppo spesso negli ultimi anni si è preferito procedere ad abbattimenti di massa di piante "malate" invece che a tentativi di salvataggio o cure, come nel caso dei 30 alberi abbattuti in villa comunale e del centinaio di alberi abbattuti lungo Corso Umberto I e mai sostituiti. 
A prescindere dal fatto che una morte così assurda deve obbligare a più attente analisi sullo stato di salute delle piante, appare evidente che è il sistema di gestione nel suo complesso a presentare molte lacune e che dovrebbe essere radicalmente modificato, in attesa che il personale troppo anziano vada in pensione o venga destinato ad altri uffici comunali e sostituito con personale più adatto e giovane.  Di sicuro non giova alla città alcuna discussione fra quanti chiedono maggiori abbattimenti di alberi malati per evitare altre tragedie e quanti vorrebbero maggior tutela di quel che resta del patrimonio verde napoletano, già brutalmente devastato dai palazzinari.  Un servizio di gestione del verde pubblico che funzionasse bene eviterebbe tali polemiche e su questo dovrà vertere la discussione nei prossimi giorni.



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